Niente se…
…pensi che il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della trasparenza sia del tutto inutile e rappresenti solo un ulteriore aggravio per il tuo lavoro.
Niente se…
… intendi la prevenzione come qualcosa diretta a parare una minaccia di corruzione (e dentro di te ti chiedi: e come faccio?)
Niente se…
… non hai fatto la mappatura dei processi o se e li hai individuati a partire dalle attività delle diverse strutture organizzativa (es: pagamento fatture, gare, manutenmzioni, ecc.)
Niente se…
… intendi la corruzione unicamente come reato…
… e, sopprattutto non cambia nulla se…
dopo aver individuato e valutato il rischio, non prevedi in nessuna occasione una misura specifica di trattamento del rischio stesso.
Per chi si riconosce in questo profilo, effettivamente non è cambiato nulla con il PNA 2019.
Poi, conoscendo la tua serietà e il senso del dovere che ti contraddistingue, magari sbuffando, ti adopererai per dare al tuo PTPCT una conformità almeno formale, ma in effetti nulla sarà cambiato, se non il fatto di aver provato fastidio per non poter più riutilizzare, e quindi guadagnare tempo, la valutazione del rischio che già avevi effettuato gli anni precedenti.
Affinchè per te possa cambiare qualcosa, devi cambiare tu. Ma non è obbligatorio.
Anzi, se non senti la necessità di un cambiamento né nella tua realtà lavorativa né in te stesso all’interno di essa, ti consiglio di abbandonare questa lettura e di non approfittare dell’opportunità offerta ad un gruppo ristretto di RPCT che, invece, vogliono davvero attuare un cambiamento nel modo in cui il loro ente attua il PTPCT.
Viceversa, anche se non hai colto molte differenze tra nuovo e vecchio metodo di valutare il rischio corruzione, se sei comunque disposto a riconsiderare la tua realtà (PNA, il tuo ente, il tuo ruolo) guardandola con occhi nuovi, senza preconcetti, senza voler giungere immediatamente a conclusioni o a trovare immediatamente risposta alla domanda: “cosa devo fare?”; insomma sei sei disposto a sorprenderti, allora ti invito a continuare la lettura e fare con me questo viaggio esplorativo.
Al termine sarai premiato con la possibilità di partecipare gratuitamente ad un webinar …e non solo
Il nostro percorso inizia da un’affermazione su cui non chiedo condivisione ma ascolto privo di pregiudizio:
“Tu crei la tua realtà”
Ognuno di noi crea la (propria) realtà sulla base di una rappresentazione di essa. Agendo nella realtà sulla base dei nostri schemi intepretativi, contribuiamo a darle forma, caratterisitche e significato.
La natura della relazione tra realtà osservata e osservatore, è uscita dal recinto puramente speculativo del dibattito filosofico e scientifico per contaminare le scienze sociali e ispirare nuovi modelli di sviluppo e cambiamento delle persone e delle organizzazioni.
Non è il caso in questa sede di approfondire, ma si intende giusto sottolineare che l’affermazione tu crei la tua realtà trova fondamento nella scienza e non nell’esoterismo. Qui per farsi qualche idea https://www.galileonet.it/realta-oggettiva-fisica-quantistica/
Ora, visto che sei una persona colta, con un solido e affermato curriculum professionale, se noi hai percepito nessuna novità sostanziale nel PNA 2019 in merito alla valutazione del rischio, non posso essere di certo io a convincerti del contrario.
Allora ti rivolgo alcune domande. Cominciamo con il chiederci:
cos’è un Piano?
Facciamoci aiutare da Wikipedia dove così troviamo sintetizzato il significato del termine piano nell’accezione di nostro interesse:
“Il piano è un insieme di scelte e regole, solitamente organizzate nel tempo, per il conseguimento di un determinato obiettivo nel futuro.”
Dunque il piano è il mezzo per raggiungere in un tempo futuro, un obiettivo che si vuole, e sottolineo vuole, conseguire.
Così potremmo dire di aver fatto un buon piano nel caso in cui l’obiettivo è stato conseguito; altrimenti dovremmo prendere atto di non aver fatto un buon piano o di averlo disatteso nel caso in cui non siamo riusciti a conseguire, anche solo parzialmente, l’obiettivo.
Già, ma qual è l’obiettivo che vogliamo raggiungere con il Piano di Prevenzione della Corruzione?
Qui siamo giunti alla seconda tappa del nostro percorso esplorativo.
Non dare una risposta affrettata, non fare spalluccie pensando “già lo so”. Fermati. Non è un ripasso, è un’esplorazione.
Sì, siamo passati già tante volte da questa strada e la conosciamo, ovvero ti sei già fattio tante volte questa domanda e ti sei già dato più volte una risposta.
Ma io ti chiedo di fermarti e di interrogarti come se fosse la prima volta: qual è l’obiettivo del PTPCT?
Non stiamo facendo un quiz, non devi rispondere. Devi solo riflettere senza attivare immediatamente i tuoi circuiti neuronali per dare una risposta e, soprattutto, non devi giungere a nessuna conclusione.
Lo so che non hai molto tempo e mordi il freno, ma devi renderti conto che è proprio la mancanza di tempo per la riflessione che ti porta ad agire come un automa, a consolidare e cristallizzare i tuoi ragionamenti e i tuoi comportamenti.
Grazie a questa fretta di fare, non riesci più a rinnovare la tua connessione con la realtà in continua evoluzione e ti affidi a schemi interpretativi e principi di azione fissi che progressivamente perdono di validità. In questo modo tu riesci a fare quasi tuttora non così bene come vorresti, traendo sempre maggiore insoddisfazione per il tuo lavoro.
Ti suggerisco, invece, di cominciare a fare un lavoro bene, anche a rischio di peggiorare la qualità degli altri lavorini cui sei occupato. Prenditi il tempo necessario per riflettere e rinnovare così la connessione con i fatti, le persone, le esigenze reali della tua realtà.
E come per incanto, scoprirai quanto fare bene una cosa, ti libera tempo, ti dona serenità da investire per cominciare a farne bene una seconda, e così via fino a fare tutte le cose bene.
Dunque, qual è l’obiettivo, il fine del Piano di Prevenzione della Corruzione?
Vai alla radice: chi ha deciso l’introdiuzione del piano di prevenzione della corruzione (il legislatore), interpretando la domanda dei cittadini, a quale problema voleva dare risposta?
E per quale motivo la istituzioni internazionale raccomandano di affiancare la prevenzione alla repressione nel contrasto alla corruzione?
Ti conosco, conosco la tua capacità di ragionamento e la tua competenza e so perfettamente che non sono io che devo suggerire le risposte a queste domande.
Ora: se il problema della corruzione è importante nella sua dimensione e diffusione ed è grave per le minacce che porta alla convivenza civile; se è importante contrastare il fenomeno della corruzione non solo con la repressione (accertare fatti e infliggere condanne di limitazione della libertà personale) ma anche con la prevenzione, dobbiamo chiederci, e qui siamo ad un’altra tappa del nostro percorso esplorativo,
cosa vuol dire prevenire?
La domanda ci serve anche per mettere meglio a fuovo l’obiettivo dei nostri piani, infatti tu sei chiamato a curare il Piano di Prevenzione della corruzione
La prevenzione è lo scudo che para il colpo, oppure è l’azione che riduce il rischio che il colpo possa essere sferrato?
Con la prevenzione della corruzione tu non pari i colpi della corruzione, perché quando la corruzione si manifesta, non è più materia tua, non sei pià tu che te ne devi occupare.
Con la prevenzione della corruzione tu aiuti il tuo ente a creare le condizioni organizzative affinché la corruzione trovi ulteriori e inaspettati ostacoli per generarsi. Non blocchi un tentativo o non interrompi un fatto di corruzione, cerchi di capire come ridurre la possibilità (prevenire, appunto) che si generi.
Ma a questo punto ci dobbiamo anche chiedere: se siamo pronti a ripetere come nelle risposte alle domande del catechismo che la corruzione è da intendersi come qualcosa di più del semplice reato, allora perché, quando facciamo l’analisi del rischio, implicitamente o esplicitamente fai riferimento alla corruzione come reato?
E il malfunzionamento? Dove lo abbiamo lasciato,
nell’introduzione del PTPCT?
Visto che nella tua organizzazione, tu non puoi scovare la corruzione (corrotti e corruttori), perché questo è un compito che spetta ad altri organi dello Stato, l’unica e sacrosanta cosa che puoi e devi fare, è scovare come potrebbe essere possibile per il tuo ente mal funzionare e, a seguire, individuare misure organizzative per prevenire ciò..
Allora questo diventa l’obiettivo del PTPCT, non credi?
Se consideri la corruzione come incapacità di un oggetto o di un soggetto, di realizzare compiutamente, nei tempi previsti, nella qualità necessaria e nei costi prestabiliti, gli obiettivi o la funzione che giustifica la sua esistenza, allora noi possiamo tranquillamente affermare
Malfunzionamento = Corruzione.
Pochi sono disposti ad accettare la validità di questa formula, forse perchè al di là della logica, il concetto di corruzione rimane nel nostro intimo saldamente collegato a quello di reato.
Non insisto ma, credo, questa formula la potrai più facilmente accettare: Corruzione = Malfunzionamento.
Se dietro ogni fatto di malfunzionamento tu credi non si possa affermare che ci sia un fatto di corruzione (reato), forse ti viene più facile comprendere che ogni fatto di corruzione ingenera un malfunzionamento.
Hai mai visto un ente funzionare bene dove si sono accertati fatti di corruzione o qualsiasi reato contro la pubblica amministrazione?
Dunque, non solo la corruzione genera malfunzionamento, ma ha bisogno del malfunzionamento, si alimenta di malfunzionamento
Se mi hai seguito sin qui, riesci a intravedere il fatto che l’unico elemnto concreto con cui puoi prevenire la corruzione, è quello di
attivare processi nel tuo ente per ridurre e prevenire il malfunzionamento?
Non dare risposte, non confutare (per ora) il ragionamento, non giungere a nessuna conclusione.
Rifletti e andiamo avanti, abbiamo ancora delle tappe interessanti da raggiungere nel nostro percorso esplorativo.
Ma se la corruzione si manifesta nel malfunzionamento,
come si manifesta il malfunzionamento?
Questa volta la risposta è semplice: il buon o il mal funzionamento si manidìfesta in qiello che l’ente fa o negli effetti che genera.
Quindi il buon o mal funzionamento si coglie nei servizi e/o prodotti che l’ente realizza: la qualità, la capacità di soddisfare la domanda, i tempi di erogazione/consegna, la capacità di rispettare i costi preventivati, la capità di riscuotere; qui si coglie il buon o mal funzionamento.
E come fa l’ente a realizzare quiei sefvizi o prodotti attraverso cui noi possiamo dire che l’ente funziona bene o male??
L’ente realizza i servizi e/o i prodotti attraverso i processi.
Il buon funzionamento o Il malfunzionamento (quindi anche la corruzione) sono evidenziabili solo nei processi, non nella coscienza delle persone.
Ecco perché è importante mappare bene i processi.
I processi sono l’unico principio di realità di un organizzazione ma, purtroppo, sono ignorati, non colti, non percepiti.
E’ già solo questo provoca malfunzionamento: se gli attori che agiscono in un processo non lo sanno e non ne sono consapevoli, aumenta in modo esponenziale il rischio di mal funzionamento e corruzione.
E infatti il malfunzionamento regna. E la corruzione sguazza.
Viceversa, i corrotti e i corruttori conoscono molto bene i processi dell’ente, cioè quell’insieme interrelato di attività orientate a realizzare un prodotto/servizio specifico.
Molti pensano ai processi come quelle attività che si realizzano all’interno di un ufficio, settore, area. Questi in realtà sono i processi funzionali, non i processi lavorativi- tecnologici-economici necessari per realizzare un bene destinato a qualcuno esterno all’ente.
Abbiamo talmente frammentato e riaggregato la attività all’interno della struttura gerarchico-funzionale, fino a non vedere più i processi.
La mappatura dei processi è una attività fondamentale e delicata nella costruzione di un efficace piano di prevenzione della corruzione/malfunzioanmento-
Mappare i processi richiede specifiche competenze e tecniche di non semplice e rapida acquisizione.
Su questo argomento puoi trovare altri articoli all’interno del blog Anticorruzione Intelligente o video che ho pubblicato su youtube, ma se ritieni interessante questo articolo e riuscirai a trovare il tempo di leggerlo tutto, scoprirai l’invito a partecipare gratuitamente ad alcuni webinar sull’argomento.
Dunque, il malfunzionamento/corruzione risiede nei processi e il tuo compito è aiutare l’ente nel suo complesso a riconoscere i veri processi, ad individuare i rischi di malfunzionamento/corruzione, a valutarli e a trattarli con misure organizzative adeguate di prevenzione del rischio.
Pertanto, prima di valutarli, i rischi vanno individuati.
Cosa significa rischio Alto/Medio/Basso sia nel caso in cui giungiamo a valutarne il livello con il vecchio sistema (impatto x probabilità) o con il nuovo di tipo qualitativo previsto dal PNA 2019?
Di quale rischio specifico, per ogni singolo processo, stiamo parlando?
Dimmi la verità: hai dato per scontato che dovessi valutare il rischio di corruzione in senso di reato generico di corruzione, vero?
Ecco, non si fa così.
Allora a cosa ti è servito fare (se lo hai fatto) il catalogo dei rischi?
Anche in questo caso possiamo usare una tecnica specifica che ho messo a punto nell’ambito della metodologia “Anticorruzione Intelligente”,.
Per individuare i rischi, dobbiamo individuare i portatori di interesse (interni ed esterni) di quel processo, ipotizzando le azioni e le strategie che essi potrebbero mettere in campo per conseguire vantaggi illegittimi e cercando, inoltre, di collegare ad ogni comportamento illegittimo un evento sentinella in grado di mettere in allarme la struttura.
E adesso arriviamo alla domanda da cui siamo partiti:
cosa è cambiato nel nuovo modo di valutare il rischio introdotto dal PNA 2019?
E’ cambiato il fatto che l’individuazione del livello di rischio non viene più calcolato attraverso un (finto) metodo oggettivo, ma deve essere argomentato utilizzando anche informazioni e dati di carattere quantitativo. Cioè, devi fare vedere il ragionamento che ti porta a dire che un processo è a basso rischio, oppure medio oppure alto.
Forse è statta una lettura impegnativa, forse è stata spiazzante, in ogni caso mi auguro che ti sia stata utile.
Se sei interessato ad approfondire o a chiarirti meglio le idee, ti invito ad entrare gratuitamente in una classe virtuale della Scuola “Anticorruzione Intelligente”, un luogo dove potrai trovare un po’ di materiale informativo e accedere ai webinar live gratuiti.
Inviami la tua email a: cappiello@anticorruzioneintelligente.it
con nome e cognome, l’ente in cui lavori e il tuo ruolo, così potrò inviarti le credenziali di accesso e informarti sui prossimi wbinar gratuiti.
Antonio Cappiello
mauro vigini dice
le considerazioni che ho letto sono le stesse che ho maturato negli anni di incarico come RPCT. Sul concetto di corruzione/malfunzionamento, sulle finalità del ptpct, sul ruolo del RPCT, sulla necessità di evolvere a un approccio per processi e soprattutto su quali risposte possiamo o non possiamo chiedere alle norme